domenica 24 agosto 2014

Un importante chiarimento sul Bosone di Higgs

Quark Interactions
Dopo anni torno a scrivere su questo blog, spinto da un'urgenza crescente, così come lo è in questo caso la disinformazione sull'oggetto di questo articolo, il famoso bosone di Higgs.
L'articolo si rivolge alle persone curiose ed anche a quelle semi-esperte nel campo della fisica delle particelle.
Quello che avete appreso sul bosone di Higgs dai media, e talvolta anche da riviste specializzate, è al 99% sbagliato. E ora vengo a spiegare il perché di questo 99%.
L'informazione SBAGLIATA al 99% è che il bosone di Higgs, o meglio, il campo di Higgs è ciò che dà massa (e quindi inerzia) alla materia del nostro universo. E quindi se voi pesate tot o vi sforzate tot a spostare oggetti o a fare jogging, lo dovete in tutto e per tutto al campo di Higgs. Affermazione forte, e quanto mai sbagliata... al 99%.

La massa della materia con cui abbiamo a che fare nella vita di tutti i giorni è composta in stragrande maggioranza da protoni e neutroni, detti anche nucleoni. Molti di voi sapranno che queste particelle non sono elementari, bensì sono composte ciascuna da tre quark, tenuti insieme da particelle di legame chiamate gluoni. Quindi, se fossimo in grado di zoomare su un nucleone, non vedremo una pallina, ma tre minuscole particelle in frenetico movimento (i quark). Bene, il campo di Higgs dà massa e sostanza a queste tre particelle, che però costituiscono solo l'1% della massa dei nucleoni. E il resto della massa?, vi chiederete... Eccoci giunti al punto clou dell'articolo! Ora ricordate la famosa legge di Einstein E uguale m per c al quadrato? Essa può anche essere letta come m uguale E diviso c al quadrato. Il premio nobel per la fisica Frank Wilczek, nel libro "The Lightness of Being", suggerisce di chiamare questa formula la 'seconda legge di Einstein'. Questa legge ci dice quindi che la massa è uguale all'energia diviso il quadrato della velocità della luce. In altre parole, l'energia ha massa, cioè pesa e ha inerzia. E proprio questa legge è la risposta al 99% della massa che ci serve per fare tornare i calcoli per quanto riguarda i nostri nucleoni. Ma dove si trova tutta questa energia? Essa è l'energia di legame che tiene insieme i quark e che è mediata dai sopracitati gluoni.
Quindi non è vero che il campo di Higgs è ciò che dà la massa agli oggetti che vediamo intorno: o meglio, questo è vero per l'1 %,  il resto è tutta energia imbrigliata all'interno dei nucleoni.


Mach's PrincipleOra, mentre è facile immaginare il meccanismo di conferimento della massa per mezzo del campo di Higgs, che viene spesso descritto come un mare di melassa attraverso il quale le particelle devono muoversi (e quindi la resistenza che percepiscono costituisce l'inerzia, e quindi la massa), non altrettanto semplice è concepire come l'energia possa opporre resistenza al suo spostamento. Molti fisici, detta candidamente, non si pongono neppure il problema. Se però si vuole cercare un meccanismo, una possibilità potrebbe essere il principio di Mach. Esso enuncia che la massa di un corpo è data dalla sua interazione gravitazionale con la massa del resto dell'universo. E siccome sappiamo che un campo gravitazionale agisce anche sull'energia, il principio di Mach, nel caso per esempio del nostro nucleone, si applica senza distinzione a tutta la massa-energia che lo costituisce. Sarebbe un meccanismo analogo al già confermato effetto Lense-Thirring, per cui ad un corpo posto nei pressi di una sfera in rotazione viene impartita una certa energia cinetica, come se lo spazio circostante venisse trascinato dalla rotazione della sfera stessa. Nel caso di un corpo che venga accelerato, dal suo punto di vista è come se tutto l'universo venisse accelerato nella direzione opposta, e questo creerebbe la reazione inerziale a cui tutti siamo abituati quando muoviamo le cose.
Tra i fisici si dibatte ancora se il principio di Mach sia o no incluso 'naturalmente' nella relatività generale, e quindi non possiamo ancora dire con certezza se esso sia vero o no. Ma almeno il fatto che esso possa rappresentare una spiegazione dell'esistenza dell'inerzia, ponendo così in relazione reciproca ogni costituente dell'intero universo in una visione olistica, lo rende senz'altro molto affascinante.

domenica 27 marzo 2011

Energia elettrica dall'atmosfera terrestre. Una vecchia idea dimenticata?

Solare, eolico, idroelettrico, geotermico, biogas. Queste le principali fonti di energia rinnovabili e non inquinanti. Ma siamo sicuri di non tralasciare qualcosa?
E' risaputo che l'atmosfera terrestre presenta una differenza di potenziale che aumenta con l'altezza. Per i non addetti ai lavori è come se l'atmosfera fosse una batteria carica. Questo è evidente durante i temporali, quando questa carica trova sfogo in quei fenomeni spaventosi ed affascinanti che sono i fulmini. Molti hanno immaginato e studiato metodi per immagazzinare l'energia del fulmine, ma ciò presenta numerosi problemi: 1) non si sa in anticipo dove un fulmine colpirà o comunque dove un temporale avrà luogo; 2) anche se si potesse intercettare un fulmine, attirandolo per esempio con una sorta di parafulmine, sarebbe estremamente difficoltoso immagazzinarne tutta l'energia, dal momento che la scarica è molto breve; 3) inoltre, la maggior parte dell'energia del fulmine si dissipa in luce, calore e suono. Per farla breve, una "centrale elettrica" basata sull'intercettazione dei fulmini non sarebbe molto proficua.

Cosa meno nota, però, è che l'atmosfera possiede questa carica anche quando in cielo non c'è neppure una nuvola. L'idea di ricavare energia elettrica direttamente dall'atmosfera terrestre risale a più di un secolo fa. A mia conoscenza - esorto i lettori a postare commenti nel caso siano a conoscenza di altri studi - l'ultimo e più promettente studio in questo campo fu effettuato dall'ingegnere ed inventore estone Hermann Plauson. I suoi studi ebbero luogo negli anni 20, quindi quasi un secolo fa. Possibile che da allora non ci sia stato nessun avanzamento in questo campo? Perché  l'idea dell'estrazione di energia elettrica dall'atmosfera terrestre è andata a finire nel dimenticatoio, pur sembrando promettente al tempo degli studi di Plauson?
Immagine tratta dalla rivista "Science and Invention" (1922),
dove si descrive l'invenzione di Hermann Plauson
Vediamo prima di dare una breve descrizione del metodo utilizzato da Plauson. Un collettore di elettricità, costituito per esempio da un pallone pieno di elio, veniva fatto salire ad una altitudine di diverse centinaia di metri, collegato a terra tramite un cavo conduttore. Il pallone stesso era costituito da materiale conduttivo ed era ricoperto da innumerevoli aghetti, capaci di raccogliere l'elettricità atmosferica tramite un fenomeno chiamato emissione ad effetto di campo. L'elettricità ad alto voltaggio veniva convogliata a terra mediante il cavo conduttore, e veniva trasformata in elettricità a basso voltaggio per poter essere utilizzata dalle comuni utenze elettriche.
Nella descrizione della sua invenzione, Plauson riferisce di essere riuscito ad ottenere circa 3.4 kW (kilowatt) in un esperimento "pilota" utilizzando due di questi palloni.

Ritornando alla domanda di prima: perché una tecnologia così promettente venne abbandonata?
Si possono fare diverse ipotesi. Il metodo di Plauson prevedeva - anche se non ne era vincolato - l'uso di materiale radioattivo (radio e/o polonio), le cui proprietà ionizzanti venivano utilizzate come "catalizzatore" per incrementare l'afflusso di corrente. E' ovvio che oggigiorno qualsiasi proposta di energia alternativa basata sull'uso di materiale radioattivo non sarebbe vista di buon occhio, considerando il possibile impatto ambientale che potrebbe derivare dalla contaminazione accidentale.  Come nota  a latere è interessante riportare che fino agli anni ottanta è stato utilizzato, anche in Italia, un tipo di parafulmine ricoperto di un sottile strato di americio (un materiale radioattivo), simile nel concetto ai collettori di Plauson: inutile dire che attualmente questi dispositivi sono diventati fuorilegge.

Un altro possibile motivo per cui l'idea venne abbandonata può essere collegato al fatto che le necessità energetiche negli anni 20 erano di gran lunga inferiori rispetto a quelle odierne: una tipica "centrale" "alla Plauson", composta da 100 palloni separati l'uno dall'altro di circa 100 metri (quindi 1 km di lato),  avrebbe generato qualche centinaio di kilowatt: una potenza di tutto rispetto per quei tempi, ma che impallidisce un po' se confrontata con l'energia prodotta da un solo generatore eolico - circa 1 Megawatt. Questo motivo, però, giustificherebbe solo in parte l'abbandono della ricerca in questo campo, poiché un sistema che permetta di ricavare seppur anche qualche kilowatt utilizzando solo un paio di palloni potrebbe essere competitivo - rispetto all'eolico - in zone poco ventose e non servite dalla rete elettrica. Aggiungiamo a questo punto un vantaggio che questo sistema avrebbe sia sull'eolico che sul solare: produzione ininterrotta 24 ore su 24 e 365 giorni all'anno.

A quanto pare, quindi, l'unico grosso ostacolo sembrerebbe essere rappresentato dall'utilizzo di materiale radioattivo. E qui ci viene incontro il recente sviluppo tecnologico. Nel corso degli ultimi anni, infatti, sono state sviluppate tecniche per ottenere dei nanomateriali molto efficienti dal punto di vista dell'emissione ad effetto di campo: si tratta in pratica di super-aghetti che potrebbero funzionare come collettori efficaci di elettricità atmosferica senza ricorrere all'uso di materiale radioattivo. Qualcuno potrebbe obiettare, e a ragione, "Ma questi particolari nanomateriali sono sicuri dal punto di vista della salute?". Purtroppo, trattandosi di nuove tecnologie, è ancora difficile stimare l'impatto in tal senso, ma alcuni studi sono in corso. Se, come si spera, questi materiali saranno ritenuti innocui per la salute, allora non è da escludere che la ricerca sull'energia elettrica ricavata direttamente dall'atmosfera terrestre ritrovi un nuovo vigore e questa fonte non ancora sfruttata possa andarsi ad affiancare alle più conosciute fonti rinnovabili e non inquinanti.

Come nota finale è doveroso aggiungere che anche senza utilizzare materiale radioattivo e i nanomateriali di cui sopra, un sistema simile a quello di Plauson potrebbe fornire quantità modeste ma utili di energia elettrica, trovando applicazione soprattutto nelle aree dei paesi in via di sviluppo lontane da grossi centri abitati.

mercoledì 22 settembre 2010

Strano modo di comunicazione

-Hai visto qui?
-Sì… molto curioso…
-Certo che non si finisce mai di trovarne di stranezze, fra le stelle!
-1.42 GHz… questo non è così strano, potrebbe avere un senso. Se non sbaglio, è la frequenza dell’idrogeno…
-…Ed essendo l’idrogeno l’elemento più diffuso nell’universo… Ok, questa gliela passo.
-Vediamo un po’ cosa contiene? Uhmm, non si capisce granché, ma sembra esserci una certa logica.
-Però, che pena mi fanno!
-Hai ragione! Con tutti i metodi di comunicazione che esistono, proprio questo hanno utilizzato per cercare di contattare forme di vita extraterrestri! Onde elettromagnetiche.
-Duecentotrentasette civiltà in questa galassia; ognuna ha seguito diligentemente il suo sviluppo tecnologico, evitando di rimanere invischiata nella melassa elettromagnetica. E poi arrivano questi, che sperano di contattare qualcuno utilizzando tali stravaganze! Da queste letture, poi, sembra che se ne servano ampiamente per comunicare tra loro, anche se oramai l’etere è saturo e il livello di radiazione comincia a danneggiare i loro corpi.
-Notificalo nel registro NCDN[1], e dì a Jikf di preparare qualcosa per mandar loro un contentino, uhm, diciamo… di 20TeraWatt. Dovrebbero udire forte e chiaro. Ma solo numeri primi e pigreco, non voglio che si montino la testa.
-Sono d’accordo. Quando avranno imparato ad utilizzare le onde gravitazionali, se ne riparlerà.


[1] Nuove Curiosità Della Natura


Questo raccontino del 2004, che mostra il punto di vista di ipotetici alieni nel momento della scoperta della nostra civiltà, aveva lo scopo di rimarcare quanto noi diamo per scontato l’uso delle onde elettromagnetiche per le comunicazioni. Oggi non siamo del tutto certi degli effetti di livelli seppur minimi di onde elettromagnetiche sul funzionamento delle cellule: forse ai livelli attuali non potranno causare un danneggiamento diretto, ma non è da escludere che possano modularne in maniera inaspettata i meccanismi interni. Provate a pensare che in questo momento, in qualunque parte civilizzata del globo vi troviate, il vostro corpo viene continuamente attraversato da milioni di onde elettromagnetiche provenienti da ripetitori per cellulari, emittenti radio-televisive, radar...
E seppur ora il livello di radiazione elettromagnetica non sembra così elevato da danneggiare il tessuto vivente, provate ad immaginare cosa succederebbe nei prossimi cento anni se la rete di telecomunicazioni continuasse a crescere al ritmo vorticoso di oggi. Forse si potrà davvero parlare di “melassa elettromagnetica”. Sarà quindi meglio cominciare a cercare altri metodi di comunicazione...

venerdì 27 agosto 2010

L'avatar prossimo venturo gira su due ruote

L'altro giorno, leggendo le notizie nella sezione "News Scan" di Scientific American di questo mese, mi sono imbattuto in un articoletto che mi ha lasciato a bocca aperta, perché ha descritto, proprio come me l'immaginavo, una diavoleria tecnologica che avevo incontrato pochi giorni prima nel romanzo di fantascienza "Einstein's Bridge", scritto nel 1997 dal fisico americano John G. Cramer. Nel romanzo si descriveva un robot su ruote, vagamente umanoide, che si aggirava tra gli uffici e i cantieri del super acceleratore di particelle SSC, sotto il controllo di una persona situata a diversi km di distanza. Il robot possedeva un paio di occhi, attraverso i quali la persona distante poteva vedere, ed un piccolo schermo, che mostrava l'immagine della persona stessa.
QA - Il fratello maggiore di QB
Forse a questo romanzo si sono ispirati i creatori di "QB" il robot/avatar capace di dare a chiunque possegga internet - e ovviamente un tot di soldi - il dono dell'ubiquità.
Una sorta di "Skype potenziato", che consente all'utente di muoversi liberamente (o quasi), nell'ambiente in cui si trova l'avatar.
QB in azione
Per ora il robot in questione non è in grado di interagire materialmente con cose e persone, nel senso che non possiede arti che possano essere comandati - come il robot descritto nel romanzo di Cramer. Tuttavia ciò non sembra costituire un grosso ostacolo per una futura  implementazione. Per cui, in un domani forse neanche tanto lontano, possiamo immaginarci di vagare virtualmente in una località remota, scambiando due chiacchiere con amici, con tanto di strette di mano, abbracci e baci (... uhm..., forse per questi ultimi dovremo aspettare ancora un po'...).


sabato 14 agosto 2010

Quel treno del tubo!

Correva l'anno 2002, quando buttai giù l'idea embrionale di un mezzo di trasporto peculiare (qua a fianco riporto una scansione della pagina di appunti sperimentali): un tubo in cui si sia fatto un vuoto parziale, dentro cui fare scorrere una sorta di treno a levitazione magnetica.
I vantantaggi di un simile approccio sarebbero molteplici e si potrebbero condensare nella seguente lista: 
  • velocità ottenibili di gran lunga superiori a quella del suono nell'aria
  • attrito nullo
  • ridotto dispendio energetico (possibilità di reimmagazzinare quasi tutta l'energia in frenata)
  • riduzione del rumore
Al tempo di quegli appunti, mi ricordo che pensai al fatto che, se fosse esistito un treno del genere che collegasse  Rimini con Vienna (800 km), il tempo di percorrenza si sarebbe ridotto a qualche decina di minuti (invece delle 12 ore necessarie in treno o le 2-3 ore - compreso check-in e tutto - in aereo)! Incredibile!
Allora feci una ricerca su internet per vedere se già esistesse in giro un concetto simile, ma non trovai nulla. A quando pare proprio in quegli anni, però, la stessa idea doveva frullare per la testa di un certo signor Okano, visto che nel 2003 egli pubblicò un articolo sulla fattibilità di tale opera ingegneristica (anche se si riferiva al trasporto di cose e non di persone).
A cercare bene, oggi si trovano più fonti, anche risalenti a diversi anni prima, dove però non si considerava l'utilizzo della levitazione magnetica ma solo del tubo a vuoto.

Oggi esiste almeno una compagnia che si sta dando da fare per la realizzazione di un simile sistema:
Altre informazioni su:

Il sito della ET3
Io continuai a lavorare nel campo della propulsione spaziale e l'idea rimase solo un appunto su un libro di esperimenti... Ma è ironico che il motto della compagnia di cui sopra sia: "Space Travel on Earth (TM)"!

lunedì 9 agosto 2010

A proposito di "bioidingegneria"... Il primo microorganismo con DNA artificiale

E' nel numero di Agosto di Scientific American la notizia del primo microorganismo con DNA costruito artificialmente in laboratorio. Lo scorso marzo alcuni scienziati del Craig Venter Institute di Rockville (Maryland) hanno inserito il genoma sintetizzato del batterio Mycoplasma mycoides in una cellula di Mycoplasma capricolum, e prontamente il nuovo DNA ha cominciato a far lavorare la cellula come se fosse un batterio M. mycoides. Nel giro di tre giorni i ricercatori si sono ritrovati con un'intera colonia di M. capricolum "comandati" da DNA sintetico di M. mycoides.
Emblematico è ciò che ha detto Craig Venter - il leader del gruppo di ricercatori - durante una conferenza stampa: "Questa è la prima cellula auto-riproducentesi sul pianeta ad avere un computer come genitore".
A quanto pare l'Era Bioide descritta nei post precedenti non sembra poi tanto lontana...

lunedì 12 luglio 2010

"Ipotesi sul futuro" (parte 3)

Con questa terza parte si conclude la mini-raccolta di considerazioni sparse su tre ipotetiche tecnologie future (l'Immagine, i MIRT e la Bioidingegneria) e  il loro probabile impatto sul genere umano. Gli appunti che seguono sono un misto di considerazioni sul metodo deduttivo e di descrizioni a posteriori (ritorna il "modello" enciclopedico) di eventi futuri.


Problemi di futurologia. L’Era Bioide, l’Immagine e i MIRT
Nell’ambito della futurologia, ovvero la descrizione deduttiva del futuro, si pone il problema di come impostare in maniera logica il processo di deduzione. Generalmente si parte da presupposti semplici, che coinvolgono situazioni generiche, e si estrapola quella che più verosimilmente potrebbe essere la loro evoluzione futura. Il problema principale risiede nel fatto che non è detto che quelli che sono ora fattori determinanti potrebbero svolgere la loro funzione anche in futuro, o in ogni caso essere l’origine diretta di altri fattori determinanti. Questi ultimi, infatti, hanno spesso origini indipendenti e si sviluppano da fattori embrionali di cui non è possibile prevedere l’origine.
La descrizione di un mondo del lontano futuro, dunque, se eseguita con la pretesa di verosimiglianza, soffrirà sempre del difetto dovuto all’imprevedibilità di quelli che saranno i reali fattori determinanti. Non è possibile sapere, a causa dell’evoluzione caotica della casualità, quali dei fattori embrionali presenti potranno diventare determinanti per il futuro. Inoltre, se la visione si spinge verso un futuro remoto, tali fattori embrionali devono ancora avere origine, ed in questo caso la descrizione diventa praticamente impossibile.
Ciò che si cerca di fare nella descrizione del futuro è determinare almeno l’ “ambiente base”  che farà da sfondo allo svolgimento della storia e ne influenzerà il corso.

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« L’era bioide fu caratterizzata da una costante ricerca di possibili applicazioni dell’ingegneria genetica avanzata alla vita quotidiana ed all’industria. La possibilità di manipolare il DNA fino a riuscire a costruire anche dal nulla una nuova forma di vita aprì nuove ed eccitanti prospettive per il futuro prossimo.
L’applicazione più meravigliosa che si riuscì ad attuare nella fase media dell’era bioide furono le bionavi stellari. In esse si ritrovarono applicati tutti i più recenti progressi del campo bioingegneristico, primo fra tutti la produzione di un ambiente strettamente simbiotico fra uomo ed essere bioide. La bionave stellare non si limitava cioè solo a contenere ed a trasportare con sé gli esseri umani, ma era legata a loro tramite un continuo flusso di materiale biologico. Essa si nutriva di tutti i rifiuti biologici umani, producendo aria respirabile e cibo commestibile. Ma non solo. Esisteva anche un legame più prettamente psicologico, nel quale essa esprimeva il suo “stato d’animo” tramite suoni e immagini multicolori che emanavano dalle pareti o in una apposita “stanza”, che potrebbe essere definita "stanza di ricreazione".

Per quanto riguarda il sistema propulsivo, esso si basava sulla trasposizione bioide del concetto tecnologico di vela solare magnetica utilizzato nei moderni velivoli spaziali. In tale sistema propulsivo, l’interazione dinamica del campo magnetico prodotto da un solenoide ed espanso dal plasma emesso dalla sonda stessa permetteva di ottenere una spinta notevole, variabile da 0 a 1g per i voli all’interno del sistema solare. Verso la fine della fase media dell’era bioide si cominciarono a sviluppare le prime bionavi interstellari, capaci di raggiungere accelerazioni dell’ordine delle migliaia di g. In questa fase non furono realizzate però bionavi interstellari che trasportassero uomini, anche perché le accelerazioni avrebbero distrutto qualsiasi essere vivente terrestre, ma solo bionavi-sonde automatiche. Questo era dato dal fatto che con l’immagine era possibile interfacciare direttamente l’essere umano con i sensori della sonda e così si realizzava una sorta di trasporto virtuale che, a detta degli esseri umani dell’epoca, era “più reale del reale”. Così, migliaia di viaggiatori sulla terra esplorarono le profondità dello spazio remoto, vivendo fino alla veneranda età media di 200 anni, facendo alcune delle più sensazionali scoperte in ambito astrofisico. Non era comunque raro che qualcuno raggiungesse i 250 anni di età, pur se non in ottime condizioni di salute. I MIRT alimentari e quelli riparatori garantivano infatti la salvaguardia dell’essere umano nella sua totalità, senza bisogno di intervento esterno alcuno. »

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A questo punto, potrebbe sorgere il seguente interrogativo futurologico: “Se l’uomo concepisse una tecnologia di immagine capace di ‘trasportare’ la sua mente in ogni luogo come se si trattasse di un viaggio reale, anzi, ‘più reale del reale’, esisterebbe ancora la spinta di esplorare lo spazio ‘di persona’?”. E’ chiaro che questo interrogativo rappresenta un importante bivio nella possibile storia futura degli esseri umani. A seconda che la risposta sia positiva o negativa, infatti, si avrebbe uno spazio popolato da esseri umani od uno spazio popolato da sonde mediatrici dell’immagine… una bella differenza, non c’è che dire!
Esiste comunque un evento che dovrebbe indurre nell’uomo questa spinta di esplorazione spaziale profonda, e cioè la certezza che prima o poi il pianeta natale, e con esso il sistema planetario di cui fa parte, diventeranno luoghi altamente inospitali per la vita. Ho utilizzato il condizionale dal momento che esiste anche un’ulteriore alternativa. Se infatti l’uomo riuscisse a sviluppare una tecnologia in grado di “domare” il processo di fusione che avviene nel Sole e l’ecologia planetaria (terraforming), e con essa un nuovo metodo di produzione di energia, non è detto che esso debba per forza allontanarsi dal proprio sistema solare, poiché potrebbe rendere “eternamente abitabili” i mondi di cui esso è costituito.
Esiste anche la possibilità che questo bisogno di domare le forze cosmiche porti l’uomo a riscoprire la bellezza del volo spaziale, dal momento che lo spostamento da un pianeta all’altro dovrà senz’altro essere fisico, reale. Ad ogni modo, l’utilizzo massiccio di robot (e con questo termine si intendono tutte le macchine “servitrici” dell’uomo, dai computer ai MIRT), legato alla possibile dipendenza dell’uomo dall’Immagine, potrebbe prospettare una migrazione spaziale, dalla Terra ad un altro pianeta del sistema solare, del tutto inusuale, con esseri umani continuamente legati all’Immagine e “impacchettati” come merce per essere imbarcati da robot su navi spaziali in rotta verso il pianeta di destinazione.

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Fattori determinanti: Immagine – MIRT – Bioidingegneria (Ingegneria degli esseri Bioidi)
E’ molto probabile che lo sviluppo di questi fattori determinanti avrebbe un enorme impatto sul futuro della vita umana. E’ piuttosto facile prevedere cosa potrebbe succedere se si considera lo sviluppo di un fattore alla volta. Più difficile, anzi, praticamente impossibile, diventa prevedere le innumerevoli possibilità di interazione fra questi tre fattori, considerando come incognita anche la velocità di sviluppo del singolo fattore. La bioidingegneria, infatti, potrebbe essere un fattore inibente nei confronti dei MIRT solo se essa dovesse raggiungere un alto grado di sviluppo, altrimenti potrebbe avvenire l’inverso, e cioè che la bioidingegneria non sia in grado di trovare spazio perché i MIRT da soli sono capaci di “soddisfare” le necessità e i desideri umani.
Poi l’Immagine potrebbe essere mediata da MIRT o da bioidi, ed essere totalmente dipendente da questi; la creazione stessa dell’Immagine potrebbe essere impossibile senza MIRT o bioidi.
Lo sviluppo dell’Immagine potrebbe, d’altro canto, essere inibito dallo sviluppo dei bioidi e/o dei MIRT, poiché con essi sarebbe possibile sviluppare nuovi e più veloci sistemi di trasporto, sia terrestre che spaziale…anche se, considerando l’attuale tendenza all'“impigrimento” del genere umano, questo non sembra essere uno scenario molto plausibile. In altre parole, se si avesse uno sviluppo adeguato della videoconferenza come oggi la si intende verso uno strumento di tipo Immagine, sebbene rudimentale, non si vede perché qualcuno si debba imbarcare in un viaggio di diverse ore per poter interagire con un’altra persona distante.
Potrebbe esistere un futuro dove MIRT e bioidi siano in stretto rapporto tra di loro. Come descritto nel brano “Futuro – Ipotesi I” (nota: questo era il titolo-bozza dato al racconto-saggio in preparazione), lo sviluppo di DNA preprogrammato potrebbe essere impossibile se si esclude l’utilizzo di MIRT. Più difficile è pensare il contrario, e cioè che la concezione dei MIRT sia in qualche modo legata alla bioidingegneria, anche se, come si è or ora visto, potrebbe esserne legato il loro sviluppo.

© Nembo Buldrini