domenica 30 maggio 2010

Divagazioni semi-tecniche sulla fattibilità dei wormholes (tunnel spaziali)

I wormhole - detti anche stargate o, nella nostra lingua, tunnel spaziali - sarebbero certo un ottimo modo per viaggiare, sia tra le stelle che tra diversi punti del nostro pianeta. Per chi mai ne avesse sentito parlare, un wormhole sarebbe capace di connettere due luoghi distanti come una sorta di "porta magica": da un lato della porta si trova il luogo di partenza, dall'altro lato il luogo di arrivo. Sebbene il loro uso abbondi nella fantascienza, dal punto di vista scientifico essi sono stati trattati come mere curiosità matematiche, soluzioni possibili - ma inattuabili in pratica - delle equazioni della teoria della relatività. Lo scopritore di queste soluzioni fu Kip Thorne, che nel 1988, assieme a Mike Morris, ne descrisse le bizzarre proprietà. Uno dei problemi più grossi che impediscono il passaggio dalla teoria alla pratica è il fatto che per ottenere un wormhole stabile occorre della materia esotica, nella forma di massa/energia negativa, e neppure poca: ne serve una quantità paragonabile alla massa di Giove!!! Ora, due questioni si pongono: 1) cos'è e dove si può trovare la massa/energia negativa?; 2) come ottenerne una quantità così enorme? Il fenomeno che viene sempre portato come classico esempio di energia negativa è l'effetto Casimir. Tra due piastre conduttive poste ad una distanza molto piccola si viene a generare una minuscola quantità di energia negativa, poiché dal falso vuoto fra esse contenuto vengono rimosse alcune armoniche di radiazione elettromagnetica. La massa/energia negativa così generata è, lo ripeto, estremamente piccola, nulla a che vedere con la massa di Giove. A quanto pare, quindi, abbiamo poche speranze di rimediare l'energia negativa necessaria per la fabbricazione di un tunnel spaziale.
Il mese scorso mi è capitato di leggere un libro molto affascinante sulla fisica delle particelle, "The Lightness of Being" di Frank Wilczek (nobel per la fisica), che descrive un po' lo stato attuale della ricerca sulla teoria del tutto. Ebbene, verso la fine si viene a scoprire che il modello standard (l'attuale modello fisico che al meglio descrive il mondo in cui ci troviamo e le proprietà delle particelle che esso contiene) è incapace di descrivere da dove deriva la massa dell'elettrone o, in altri termini, perché l'elettrone ha la massa che ha. Serve quindi una descrizione "ad hoc" che permetta di dare ragione della massa di una particella così fondamentale. Il prof. James Woodward, fisico ed ex docente - ora in pensione - della California State University di Fullerton, California, ha avanzato un'ipotesi molto interessante, e cioè che la massa dell'elettrone è in realtà la somma di una massa negativa piuttosto sostanziosa e una massa positiva un po' più sostanziosa, che dà come risultato la massa positiva relativamente piccola che noi misuriamo. Vi risparmio i vari calcoli matematici che portano a tale conclusione, ma basti pensare che la massa positiva deriva dall'interazione della massa negativa con il resto dell'universo, in ottemperanza al principio di Mach. Da un punto di vista puramente illustrativo, ma che può aiutare a farsi un'idea, potete immaginare l'elettrone come una caramella di massa negativa avvolta da una spessa carta fatta di massa positiva. Dal di fuori, ciò che si vede è solo una piccola quantità di energia positiva, ma basterebbe scartare la caramella e... boom! -  ecco che viene "denudata" l'enorme massa negativa che si trova all'interno. Giusto per dare un paio di numeri circa l'enorme quantità di massa negativa che si trova all'interno di un singolo elettrone, si pensi che essa ammonterebbe a circa novanta milioni di miliardi la massa dell'elettrone che osserviamo normalmente. Considerando l'enorme quantità di elettroni  che compongono la materia ordinaria, basterebbe quindi "denudarne" un po' per trasformarla in una grande quantità di materia esotica. Ma come fare a scartare la caramella? Dopotutto, gli elettroni sono una delle cose più "stabili" che esistano. Le equazioni di Woodward ci mostrano che variando l'energia interna di un corpo sottoposto ad una accelerazione, riusciamo a variare la sua massa in due modi distinti: si ottiene un'oscillazione a media nulla, e una oscillazione che possiede sempre segno negativo. In certe condizioni estreme (quando la variazione di potenza è sufficientemente elevata), il secondo modo predomina sul primo, e quello che si ottiene è la nostra tanto agognata massa negativa. Detta così sembrerebbe una cosa piuttosto semplice da mettere in pratica ma, come si suol dire, il diavolo è nei dettagli, e sebbene Woodward abbia ottenuto dei risultati sperimentali che contengono un barlume di speranza, sembra che ci voglia ancora molto lavoro prima di ottenere qualcosa di tangibile.
Il passo molto importante compiuto da Woodward rimane comunque quello di avere portato un meccanismo teoricamente plausibile per generare grosse quantità di massa/energia negativa, e con esso la speranza di vedere attuato uno dei sogni più straordinari dell'esplorazione umana dello spazio.

Rapprsentazione artistica di uno stargate tra Terra e Titano