martedì 22 dicembre 2009

Una Terra senza oceani

Come apparirebbe la Terra se venissero prosciugati gli oceani? E' l'idea che è balzata alla mente ad un artista grafico, che ha creato una simulazione animata del processo di "drenaggio" degli oceani. Quel che ne è venuto fuori è un filmato pieno di grandeur e di paesaggi straordinari, paesaggi sottomarini che mai vedremo esposti alla luce del sole così come ci vengono mostrati in questo cortometraggio.
Quella che appare alla fine è una Terra "disidratata" che un po' ricorda l'aspetto attuale del pianeta Marte (con tutta probabilità anch'esso una volta coperto da vaste distese d'acqua liquida).
Il software utilizzato per la renderizzazione del pianeta è Terragen, uno dei più avanzati software dedicati alla creazione di paesaggi e viste planetarie ultrarealistiche. Terragen è stato anche utilizzato per alcuni rendering nel film "Star Trek: Nemesis".

mercoledì 9 dicembre 2009

Relatività!, Croce e Delizia (ovvero: "Più veloce della luce? No, grazie!")

La tanto "snobbata" Teoria della Relatività, con la sua invalicabilità della velocità della luce, ci riserva in realtà tante sorprese, tra cui la possibilità di compiere niente meno che voli a velocità... superiori a quelle della luce! Sembra un paradosso. E invece è proprio così: non occorre un motore a curvatura o qualche altro fantomatico marchingegno asimoviano per esplorare in tempi ragionevoli la nostra galassia e forse addirittura l'intero universo. Basta solo avvicinarsi quanto più possibile alla velocità della luce. Un'affermazione un po' troppo strana e contraddittoria? Eppure deriva da una delle verità scientifiche tra le più accettate: la teoria della relatività.
Uno degli assiomi della famosa teoria einsteniana è rappresentato dalla costanza e invalicabilità della velocità della luce nel vuoto. Nessun oggetto materiale, così come osservato da un sistema di riferimento inerziale (non accelerato), è in grado persino di uguagliare questa velocità.
E allora? Detta così, sembra proprio che l'esplorazione "veloce" dell'universo ci sia preclusa per sempre. Considerate, per esempio, che per attraversare un quarto della nostra galassia la luce impiega ben 25 mila anni!
Per fortuna non tutti i mali vengono per nuocere, e nei paragrafi successivi vedremo come quello che viene di solito considerato un limite invalicabile di velocità, in realtà sia tale solo da un particolare punto di vista, e come l'altra faccia della medaglia presenti un quadro sorprendente.
Quando un'ipotetica astronave si avvicina alla velocità della luce (299792,458 km/s, valore che spesso viene indicato con la lettera c), la stessa teoria della relatività prevede il verificarsi di alcuni fenomeni peculiari. Il tempo proprio dell'astronave tende a rallentare, la sua lunghezza si riduce nella direzione del moto e la sua massa tende ad aumentare.
Questo dal punto di vista di un osservatore esterno posto, per esempio, sulla Terra. Ciò significa che se un osservatore da Terra riuscisse a sbirciare gli orologi all'interno dell'
astronave, li vedrebbe rallentare sempre di più man mano che la velocità tende a c. Questo rallentamento temporale, si badi bene, è tutt'altro che illusorio: non solo gli orologi rallentano il loro ritmo, ma anche tutti i processi fisico/chimici e, di conseguenza, anche il metabolismo dei viaggiatori. Sarebbe come assistere ad un filmato alla moviola. Per una velocità idealmente uguale a c, il tempo, così come sbirciato da un osservatore esterno, sembrerebbe fermarsi. Gli occupanti dell'astronave apparirebbero come "ibernati": dal loro punto di vista il viaggio sarebbe istantaneo. Wow, niente meno che velocità di transcurvatura! Il fisico obietta giustamente che la velocità della luce non è raggiungibile. In linea teorica, tuttavia, nulla vieta di avvicinarci indefinitamente a c: il tempo di percorrenza non sarà mai zero, ma può essere ridotto ad una frazione di secondo piccola a piacere!
Ora, cosa vedrebbero gli occupanti dell'astronave durante il viaggio? Dal loro punto di vista è la Terra (ed il resto dell'universo) a muoversi ad una velocità prossima a c e ad esibire perciò un ritmo temporale rallentato, mentre i loro orologi procederebbero a velocità normale. Ma consideriamo ora anche la seconda delle tre sopraccitate peculiarità: la contrazione delle lunghezze. Mentre vista da Terra è la sola astronave a sembrare accorciata, dal punto di vista dei viaggiatori sarà l'intero universo ad apparire contratto nella direzione del moto! Ciò significa che le distanze da percorrere apparirebbero ridotte e, in conseguenza di ciò, la propria velocità risulterà
aumentata. Anche questo fenomeno di contrazione spaziale tende ad amplificarsi mano a mano che la velocità si avvicina a c. Una astronave che viaggiasse ipoteticamente alla velocità della luce vedrebbe, nella direzione del moto, l'intero universo come compresso in un foglio immaginario di spessore nullo! Volendo essere pignoli e spingere più in là la nostra immaginazione, l'universo apparirebbe un po' come una colossale pastiglia schiacciata al centro (dove sarebbe situata l'astronave). In effetti, così viene "visto" l'universo da un fotone, che viaggia nel vuoto ad una velocità che corrisponde esattamente a c: per "lui" l'attraversamento dell'intero universo si compirebbe in un tempo nullo.
È interessante fare un paragone con la velocità di curvatura. Una astronave che sfrecciasse, così come vista da Terra, ad una velocità pari al 71% della velocità della luce, avanzerebbe, per gli occupanti dell'astronave, ad un fattore di curvatura 1, che corrisponde alla velocità della luce. Curvatura 2 si raggiungerebbe quando la velocità misurata da Terra corrisponde al 99.5% di c.
Quando si arriva ad un solo chilometro al secondo dalla velocità della luce, è come se si viaggiasse ad un fattore di curvatura 6. Un viaggio dalla Terra ad Alpha Centauri (distante 4,3 anni/luce
) durerebbe circa 4 giorni! Ma spingiamoci oltre. Quando la velocità arriva a meno di un metro al secondo rispetto alla velocità della luce, per arrivare su Alpha occorrerebbero solo 2 ore e mezzo! In questo caso, il relativo fattore di curvatura è difficile da calcolare, ma dovrebbe stare tra 9.99 e 9.999. Come detto in precedenza, in linea teorica, un'astronave potrebbe continuare ad accelerare, avvicinandosi indefinitamente alla velocità della luce, e ottenendo "fattori di curvatura" sempre più elevati; il che eventualmente corrisponderebbe per i viaggiatori ad una velocità prossima a quella di transcurvatura.
D'altro canto, ottenere velocità prossime a quelle della luce presenta problemi tecnologici non indifferenti, primo tra tutti quello dell'enorme quantità di energia necessaria.
Qui entra in gioco, infatti, il terzo fenomeno cui si accennava all'inizio: l'aumento della massa.
Avvicinandosi alla velocità della luce, la massa dell'astronave aumenta sempre di più, col risultato che, per una data spinta, l'accelerazione tende a diminuire. Come si suol dire: a mano a mano che ci si avvicina a c una frazione sempre più elevata dell'energia cinetica di propulsione va ad aumentare la massa dell'astronave piuttosto che la sua velocità. Fino a che, per velocità prossime a c, la massa dell'astronave apparirà infinita, e perciò una quantità infinita di energia sarebbe necessaria per accelerarla ulteriormente.
Inoltre,
a velocità prossime a c, qualsiasi particella e atomo spaziali che si venissero a trovare lungo il tragitto dell'astronave rappresenterebbero un serio pericolo per la nave stessa e per i passeggeri. Uno "scudo" o, se vogliamo, un vero e proprio "deflettore di navigazione" sarebbe allora indispensabile, e ciò significherebbe un ulteriore dispendio di energia.
Almeno, però, una cosa è certa. Dal punto di vista teorico nulla ci vieta di esplorare l'universo a velocità folli.
Allora perché questo metodo di viaggiare tra le stelle non viene utilizzato nelle storie di fantascienza? Ecco il motivo. Proprio perché il viaggiare a velocità prossime a c modifica lo scorrere del tempo relativo, si possono creare degli scompensi temporali non indifferenti, con tutte le conseguenze psico-sociologiche del caso. In altre parole, ogni viaggio a velocità relativistiche rappresenta anche un viaggio nel futuro! Per fare un esempio, un giretto di andata e ritorno dalla Terra a Eridani A (il sistema di Vulcano nell'universo di Star Trek) ad una velocità di un chilometro al secondo inferiore a c, durerebbe circa un mesetto per i viaggiatori, mentre sulla Terra saranno trascorsi più di trent'anni!
È ovvio che, se così dovessero essere i motori spaziali del futuro, una federazione alla Star Trek sarebbe impossibile da concepire. Niente imperi galattici, niente scambi commerciali né culturali. Piuttosto, lo scenario più realistico sarebbe rappresentato da colonie indipendenti e isolate, sparse un po' ovunque per tutta la galassia. Non potrebbe esistere neppure lo scambio di informazioni utili, visto che persino la luce impiegherebbe troppo tempo per muoversi da una colonia all'altra.
L'universo sarà dunque a portata di mano, ma una volta partiti si rimarrà temporalmente tagliati fuori dal resto dell'umanità.
Per quanto inusuale e angosciante possa sembrare, uno dei possibili futuri dell'esplorazione spaziale è proprio questo.
E se ciò dovesse veramente essere il caso, l'uomo si adatterà alle circostanze, come ha sempre dimostrato di saper fare.

Per i più curiosi, una trattazione approfondita ed entusiasmante della teoria della relatività è esposta nel libro "I Misteri del Tempo" di Paul Davies (qui è possibile trovare un brano dove si descrive nei dettagli un viaggio a velocità relativistiche).

Articolo pubblicato sul n.88 dello STIM (Star Trek Italia Magazine) 

venerdì 20 novembre 2009

Novità nel campo della propulsione spaziale: la vela elettrica (parte 2)

La vela solare elettrica è stata inventata nel 2006 da Pekka Janhunen del Finnish Meteorological Institute. A differenza di quella magnetica, essa utilizza un campo elettrico per respingere e deviare il flusso di particelle cariche che costituiscono il vento solare. Dal punto di vista della complessità costruttiva, può piazzarsi a metà strada tra la vela solare classica e la vela magnetica M2P2. Come la vela solare classica, necessita lo spiegamento di una struttura meccanica piuttosto vasta, ma mentre nella vela solare classica la struttura è costituita da una pellicola riflettente di superficie ragguardevole, nel caso della vela elettrica essa è costituita da sottili fili conduttivi. Ciò che invece la accomuna con la vela magnetica M2P2 è il fatto che questi fili creano un campo che agisce su una superficie molto più vasta di quella costituita dai fili stessi. Per questa ragione, bastano una serie di fili disposti a raggiera (come nella figura) per creare un campo simile ad un ombrello aperto. I fili vengono caricati ad alto voltaggio con un metodo ingegnoso: un cannone elettronico posto nel corpo centrale del satellite spara un fascio di elettroni in direzione assiale (il fascio blu diretto verso sinistra che si vede spuntare dal centro del satellite in figura). Perdendo elettroni, il velivolo spaziale si carica posivamente, carica che viene trasmessa per contatto ai fili costituenti la raggiera. Dal momento che il vento solare è costituito principalmente da protoni (particelle cariche positivamente), questi, avvicinandosi ai fili carichi positivamente ne vengono respinti e/o deflessi, trasmettendo parte della loro energia cinetica ai fili stessi che, essendo collegati meccanicamente al satellite, impartiscono ad esso una spinta. Spinta che sarà proporzionale all'intensità del campo elettrico ed all'inclinazione del piano formato dalla raggiera rispetto alla direzione di provenienza del vento solare: in altre parole, la spinta può essere variata a piacimento giocando su fattori elettrici e geometrici.
E' necessario ricordare che, diminuendo la densità del vento solare con l'aumentare della distanza dal Sole,  questo metodo di propulsione diventa poco vantaggioso per l'esplorazione del sistema solare esterno.
(Questo limite sembra non applicarsi all'M2P2, nel quale la superficie della bolla magnetica si espande dinamicamente con l'aumentare della distanza dal Sole, garantendo una spinta pressoché costante fino ai limiti della eliosfera)
Contrariamente a quanto detto sulla M2P2, d'altra parte, sembra che la sperimentazione sulla vela elettrica sia viva e vegeta, tanto che il lancio di un satellite di prova è previsto per l'anno 2012.

domenica 15 novembre 2009

Novità nel campo della propulsione spaziale: la vela elettrica (parte 1)

In diversi articoli (alcuni dei quali pubblicherò in futuro su questo blog) e conferenze, ho ribadito spesso che uno dei problemi principali che rallenta o pone dei limiti all'esplorazione dello spazio, è quello del propellente.
Il movimento, in natura, si ottiene grazie al principio di azione-reazione (terza legge di Newton) secondo il quale devo spingere su qualcosa per ricevere una forza che, a sua volta, causa il movimento.
Sulla Terra è facile muoversi, perché di massa su cui spingere (o a cui aggrapparsi) per ricevere spinta ce n'è dappertutto: le automobili spingono sulla strada, gli aerei sfruttano l'aria e le navi l'acqua (o l'aria).
Nello spazio, invece, la situazione è diversa. Per muoversi nello spazio, dove non c'è materia (ma vedremo tra poco che non è proprio vero), occorre portarsi dietro la massa sulla quale spingere (massa di reazione o propellente). Questo ha due svantaggi: uno, la massa di reazione aumenta il peso del veicolo spaziale; due, per ottenere la spinta il propellente deve essere espulso e non è recuperabile.
(Per chi ha una certa educazione in fisica, questi sono concetti banali e incontestabili.  Ma in realtà, se ci sarà modo di approfondire la questione nei prossimi post, si vedrà che queste cose che generalmente si considerano banali, si basano su concetti fisici piuttosto complessi, che possono dare adito a delle congetture molto interessanti...).
Questi svantaggi rappresentano il motivo per cui occorre così tanto tempo per l'esplorazione del sistema solare ed anche il motivo per cui un viaggio di esplorazione interstellare è impossibile nell'arco di una vita umana.
Un modo per aggirare il problema è quello di cercare una massa di reazione nello spazio. Rimanendo  nell'ambito del sistema solare, l'approccio attualmente più sensato e fattibile è quello di sfruttare come propellente il mezzo interplanetario e cioè la sostanza e l'energia di cui è composto lo spazio all'interno del sistema solare. Questa massa ed energia sono fornite dal sole, che inonda il sistema solare con la sua luce e con quello che viene chiamato "vento solare", un flusso costituito da particelle cariche ad alta energia. Gli approcci finora proposti per sfruttare queste risorse come propellente sono la vela solare classica (che sfrutta la pressione di radiazione data dalla luce solare) e la vela solare magnetica (che sfrutta invece il vento solare).
Gli svantaggi di questi approcci sono principalmente da ricercare nella complessità, nell'estensione e nella difficoltà di dispiegamento delle strutture che costituiscono la vela. Per quanto riguarda la vela solare, occorre un foglio sottilissimo di materiale argentato che, riflettendo la luce solare, genera la spinta. Siccome la pressione della radiazione solare è estremamente debole, occorre una superficie molto estesa per generare una spinta apprezzabile. Nel caso della vela magnetica, si ha il vantaggio che la "superficie" della vela è costituita da un campo magnetico, che può essere molto più grande delle strutture che lo generano: il caso più estremo è rappresentato dal progetto M2P2 (Mini-Magnetospheric Plasma Propulsion), dove il campo magnetico è generato da una bobina di dimensioni relativamente modeste e viene "gonfiato" da gas ionizzato iniettato all'interno del campo stesso. Purtroppo sembra che non ci siano notizie recenti riguardo lo sviluppo di questo tipo di vela magnetica, a discapito del fatto che sembra essere un progetto molto promettente.
Negli ultimi anni è stato inventato un nuovo tipo di vela spaziale: la vela solare elettrica... (continua)

giovedì 12 novembre 2009

Entro il 2030, tutta l'energia di cui abbiamo bisogno potrà essere tratta da fonti sostenibili

A detta di Mark Z. Jacobson e Mark A. Delucchi, due studiosi americani, oggi ci sono dati sufficienti per poter affermare che entro il 2030 tutta l'energia di cui l'uomo ha bisogno potrebbe essere ricavata esclusivamente da fonti sostenibili (soprattutto dal vento e dal sole).
Secondo i calcoli dei due scienziati, attualmente sarebbe possibile ricavare 580 TW (TeraWatt, mille miliardi di Watt) dall'energia solare, 40-85 TW dal vento e 2 TW dall'acqua (intesa come sorgente idroelettrica), in ubicazioni facilmente raggiungibili. Nel 2030, l'ammontare totale di energia consumata dall'uomo secondo le attuali stime sarà di 16.9 TW (se ci si baserà ancora su fonti convenzionali - leggi: combustibili fossili) o di 11.5 TW (se ci si baserà su fonti rinnovabili, che sono più efficenti). Come si vede, si tratta di una frazione dell'energia rinnovabile attualmente disponibile.
I maggiori ostacoli che potrebbero rallentare la realizzazione di tale "rivoluzione verde" sarebbero la possibile carenza di materiali speciali utilizzati nella costruzione dei convertitori di energia e la mancanza di una forte volontà politica. 

Fonte: Scientific American

Ancora fusione! Un'altra strada per il nucleare pulito

Esiste un'altra via per la fusione pulita. Si chiama Focus Fusion ed è in fase di sviluppo presso la Focus Fusion Society e diverse università sparse per il mondo. La Focus Fusion, così come il metodo Polywell, sembra rendere possibile la cosiddetta fusione aneutronica, interessante perché garantirebbe un funzionamento del reattore senza la produzione di scorie radioattive.

Nuovi fondi per la fusione nucleare pulita

Lo scorso settembre è stato stanziato un finanziamento di 7,8 milioni di dollari per la continuazione delle ricerche sul progetto Polywell, la fusione nucleare pulita ideata da Robert Bussard. Questo tipo di approccio alla fusione nucleare è speciale in quanto l'energia può essere prodotta senza emissione di neutroni, i quali inducono radioattività nei materiali che colpiscono. Inoltre, il reattore è molto leggero, fatto che lo rende ideale per un impiego in ambito spaziale.

Benvenuti su "Scienza, Arte e dintorni"!

Benvenuti sul nuovo blog "Scienza, Arte e dintorni", dove si discuterà di due materie spesso antitetiche, ma che hanno in realtà molto in comune. Si parlerà delle ultime novità nella ricerca scientifica, di fantascienza (uno dei connubi esemplari tra scienza ed arte), di musica, di tecnologia e chi più ne ha ne metta...