venerdì 20 novembre 2009

Novità nel campo della propulsione spaziale: la vela elettrica (parte 2)

La vela solare elettrica è stata inventata nel 2006 da Pekka Janhunen del Finnish Meteorological Institute. A differenza di quella magnetica, essa utilizza un campo elettrico per respingere e deviare il flusso di particelle cariche che costituiscono il vento solare. Dal punto di vista della complessità costruttiva, può piazzarsi a metà strada tra la vela solare classica e la vela magnetica M2P2. Come la vela solare classica, necessita lo spiegamento di una struttura meccanica piuttosto vasta, ma mentre nella vela solare classica la struttura è costituita da una pellicola riflettente di superficie ragguardevole, nel caso della vela elettrica essa è costituita da sottili fili conduttivi. Ciò che invece la accomuna con la vela magnetica M2P2 è il fatto che questi fili creano un campo che agisce su una superficie molto più vasta di quella costituita dai fili stessi. Per questa ragione, bastano una serie di fili disposti a raggiera (come nella figura) per creare un campo simile ad un ombrello aperto. I fili vengono caricati ad alto voltaggio con un metodo ingegnoso: un cannone elettronico posto nel corpo centrale del satellite spara un fascio di elettroni in direzione assiale (il fascio blu diretto verso sinistra che si vede spuntare dal centro del satellite in figura). Perdendo elettroni, il velivolo spaziale si carica posivamente, carica che viene trasmessa per contatto ai fili costituenti la raggiera. Dal momento che il vento solare è costituito principalmente da protoni (particelle cariche positivamente), questi, avvicinandosi ai fili carichi positivamente ne vengono respinti e/o deflessi, trasmettendo parte della loro energia cinetica ai fili stessi che, essendo collegati meccanicamente al satellite, impartiscono ad esso una spinta. Spinta che sarà proporzionale all'intensità del campo elettrico ed all'inclinazione del piano formato dalla raggiera rispetto alla direzione di provenienza del vento solare: in altre parole, la spinta può essere variata a piacimento giocando su fattori elettrici e geometrici.
E' necessario ricordare che, diminuendo la densità del vento solare con l'aumentare della distanza dal Sole,  questo metodo di propulsione diventa poco vantaggioso per l'esplorazione del sistema solare esterno.
(Questo limite sembra non applicarsi all'M2P2, nel quale la superficie della bolla magnetica si espande dinamicamente con l'aumentare della distanza dal Sole, garantendo una spinta pressoché costante fino ai limiti della eliosfera)
Contrariamente a quanto detto sulla M2P2, d'altra parte, sembra che la sperimentazione sulla vela elettrica sia viva e vegeta, tanto che il lancio di un satellite di prova è previsto per l'anno 2012.

domenica 15 novembre 2009

Novità nel campo della propulsione spaziale: la vela elettrica (parte 1)

In diversi articoli (alcuni dei quali pubblicherò in futuro su questo blog) e conferenze, ho ribadito spesso che uno dei problemi principali che rallenta o pone dei limiti all'esplorazione dello spazio, è quello del propellente.
Il movimento, in natura, si ottiene grazie al principio di azione-reazione (terza legge di Newton) secondo il quale devo spingere su qualcosa per ricevere una forza che, a sua volta, causa il movimento.
Sulla Terra è facile muoversi, perché di massa su cui spingere (o a cui aggrapparsi) per ricevere spinta ce n'è dappertutto: le automobili spingono sulla strada, gli aerei sfruttano l'aria e le navi l'acqua (o l'aria).
Nello spazio, invece, la situazione è diversa. Per muoversi nello spazio, dove non c'è materia (ma vedremo tra poco che non è proprio vero), occorre portarsi dietro la massa sulla quale spingere (massa di reazione o propellente). Questo ha due svantaggi: uno, la massa di reazione aumenta il peso del veicolo spaziale; due, per ottenere la spinta il propellente deve essere espulso e non è recuperabile.
(Per chi ha una certa educazione in fisica, questi sono concetti banali e incontestabili.  Ma in realtà, se ci sarà modo di approfondire la questione nei prossimi post, si vedrà che queste cose che generalmente si considerano banali, si basano su concetti fisici piuttosto complessi, che possono dare adito a delle congetture molto interessanti...).
Questi svantaggi rappresentano il motivo per cui occorre così tanto tempo per l'esplorazione del sistema solare ed anche il motivo per cui un viaggio di esplorazione interstellare è impossibile nell'arco di una vita umana.
Un modo per aggirare il problema è quello di cercare una massa di reazione nello spazio. Rimanendo  nell'ambito del sistema solare, l'approccio attualmente più sensato e fattibile è quello di sfruttare come propellente il mezzo interplanetario e cioè la sostanza e l'energia di cui è composto lo spazio all'interno del sistema solare. Questa massa ed energia sono fornite dal sole, che inonda il sistema solare con la sua luce e con quello che viene chiamato "vento solare", un flusso costituito da particelle cariche ad alta energia. Gli approcci finora proposti per sfruttare queste risorse come propellente sono la vela solare classica (che sfrutta la pressione di radiazione data dalla luce solare) e la vela solare magnetica (che sfrutta invece il vento solare).
Gli svantaggi di questi approcci sono principalmente da ricercare nella complessità, nell'estensione e nella difficoltà di dispiegamento delle strutture che costituiscono la vela. Per quanto riguarda la vela solare, occorre un foglio sottilissimo di materiale argentato che, riflettendo la luce solare, genera la spinta. Siccome la pressione della radiazione solare è estremamente debole, occorre una superficie molto estesa per generare una spinta apprezzabile. Nel caso della vela magnetica, si ha il vantaggio che la "superficie" della vela è costituita da un campo magnetico, che può essere molto più grande delle strutture che lo generano: il caso più estremo è rappresentato dal progetto M2P2 (Mini-Magnetospheric Plasma Propulsion), dove il campo magnetico è generato da una bobina di dimensioni relativamente modeste e viene "gonfiato" da gas ionizzato iniettato all'interno del campo stesso. Purtroppo sembra che non ci siano notizie recenti riguardo lo sviluppo di questo tipo di vela magnetica, a discapito del fatto che sembra essere un progetto molto promettente.
Negli ultimi anni è stato inventato un nuovo tipo di vela spaziale: la vela solare elettrica... (continua)

giovedì 12 novembre 2009

Entro il 2030, tutta l'energia di cui abbiamo bisogno potrà essere tratta da fonti sostenibili

A detta di Mark Z. Jacobson e Mark A. Delucchi, due studiosi americani, oggi ci sono dati sufficienti per poter affermare che entro il 2030 tutta l'energia di cui l'uomo ha bisogno potrebbe essere ricavata esclusivamente da fonti sostenibili (soprattutto dal vento e dal sole).
Secondo i calcoli dei due scienziati, attualmente sarebbe possibile ricavare 580 TW (TeraWatt, mille miliardi di Watt) dall'energia solare, 40-85 TW dal vento e 2 TW dall'acqua (intesa come sorgente idroelettrica), in ubicazioni facilmente raggiungibili. Nel 2030, l'ammontare totale di energia consumata dall'uomo secondo le attuali stime sarà di 16.9 TW (se ci si baserà ancora su fonti convenzionali - leggi: combustibili fossili) o di 11.5 TW (se ci si baserà su fonti rinnovabili, che sono più efficenti). Come si vede, si tratta di una frazione dell'energia rinnovabile attualmente disponibile.
I maggiori ostacoli che potrebbero rallentare la realizzazione di tale "rivoluzione verde" sarebbero la possibile carenza di materiali speciali utilizzati nella costruzione dei convertitori di energia e la mancanza di una forte volontà politica. 

Fonte: Scientific American

Ancora fusione! Un'altra strada per il nucleare pulito

Esiste un'altra via per la fusione pulita. Si chiama Focus Fusion ed è in fase di sviluppo presso la Focus Fusion Society e diverse università sparse per il mondo. La Focus Fusion, così come il metodo Polywell, sembra rendere possibile la cosiddetta fusione aneutronica, interessante perché garantirebbe un funzionamento del reattore senza la produzione di scorie radioattive.

Nuovi fondi per la fusione nucleare pulita

Lo scorso settembre è stato stanziato un finanziamento di 7,8 milioni di dollari per la continuazione delle ricerche sul progetto Polywell, la fusione nucleare pulita ideata da Robert Bussard. Questo tipo di approccio alla fusione nucleare è speciale in quanto l'energia può essere prodotta senza emissione di neutroni, i quali inducono radioattività nei materiali che colpiscono. Inoltre, il reattore è molto leggero, fatto che lo rende ideale per un impiego in ambito spaziale.

Benvenuti su "Scienza, Arte e dintorni"!

Benvenuti sul nuovo blog "Scienza, Arte e dintorni", dove si discuterà di due materie spesso antitetiche, ma che hanno in realtà molto in comune. Si parlerà delle ultime novità nella ricerca scientifica, di fantascienza (uno dei connubi esemplari tra scienza ed arte), di musica, di tecnologia e chi più ne ha ne metta...