domenica 15 novembre 2009

Novità nel campo della propulsione spaziale: la vela elettrica (parte 1)

In diversi articoli (alcuni dei quali pubblicherò in futuro su questo blog) e conferenze, ho ribadito spesso che uno dei problemi principali che rallenta o pone dei limiti all'esplorazione dello spazio, è quello del propellente.
Il movimento, in natura, si ottiene grazie al principio di azione-reazione (terza legge di Newton) secondo il quale devo spingere su qualcosa per ricevere una forza che, a sua volta, causa il movimento.
Sulla Terra è facile muoversi, perché di massa su cui spingere (o a cui aggrapparsi) per ricevere spinta ce n'è dappertutto: le automobili spingono sulla strada, gli aerei sfruttano l'aria e le navi l'acqua (o l'aria).
Nello spazio, invece, la situazione è diversa. Per muoversi nello spazio, dove non c'è materia (ma vedremo tra poco che non è proprio vero), occorre portarsi dietro la massa sulla quale spingere (massa di reazione o propellente). Questo ha due svantaggi: uno, la massa di reazione aumenta il peso del veicolo spaziale; due, per ottenere la spinta il propellente deve essere espulso e non è recuperabile.
(Per chi ha una certa educazione in fisica, questi sono concetti banali e incontestabili.  Ma in realtà, se ci sarà modo di approfondire la questione nei prossimi post, si vedrà che queste cose che generalmente si considerano banali, si basano su concetti fisici piuttosto complessi, che possono dare adito a delle congetture molto interessanti...).
Questi svantaggi rappresentano il motivo per cui occorre così tanto tempo per l'esplorazione del sistema solare ed anche il motivo per cui un viaggio di esplorazione interstellare è impossibile nell'arco di una vita umana.
Un modo per aggirare il problema è quello di cercare una massa di reazione nello spazio. Rimanendo  nell'ambito del sistema solare, l'approccio attualmente più sensato e fattibile è quello di sfruttare come propellente il mezzo interplanetario e cioè la sostanza e l'energia di cui è composto lo spazio all'interno del sistema solare. Questa massa ed energia sono fornite dal sole, che inonda il sistema solare con la sua luce e con quello che viene chiamato "vento solare", un flusso costituito da particelle cariche ad alta energia. Gli approcci finora proposti per sfruttare queste risorse come propellente sono la vela solare classica (che sfrutta la pressione di radiazione data dalla luce solare) e la vela solare magnetica (che sfrutta invece il vento solare).
Gli svantaggi di questi approcci sono principalmente da ricercare nella complessità, nell'estensione e nella difficoltà di dispiegamento delle strutture che costituiscono la vela. Per quanto riguarda la vela solare, occorre un foglio sottilissimo di materiale argentato che, riflettendo la luce solare, genera la spinta. Siccome la pressione della radiazione solare è estremamente debole, occorre una superficie molto estesa per generare una spinta apprezzabile. Nel caso della vela magnetica, si ha il vantaggio che la "superficie" della vela è costituita da un campo magnetico, che può essere molto più grande delle strutture che lo generano: il caso più estremo è rappresentato dal progetto M2P2 (Mini-Magnetospheric Plasma Propulsion), dove il campo magnetico è generato da una bobina di dimensioni relativamente modeste e viene "gonfiato" da gas ionizzato iniettato all'interno del campo stesso. Purtroppo sembra che non ci siano notizie recenti riguardo lo sviluppo di questo tipo di vela magnetica, a discapito del fatto che sembra essere un progetto molto promettente.
Negli ultimi anni è stato inventato un nuovo tipo di vela spaziale: la vela solare elettrica... (continua)

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